Partecipazione significa «sentirsi parte e prendere parte alla edificazione della comunità», vuol dire che amministratori e cittadini entrano in un “processo complementare di apprendimento”, dove i cittadini sono sicuramente «esperti del quotidiano».
Come ha detto il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: «Oggi c’è l’assoluta necessità di attivare una corrente di comunicazione tra società civile e società politica, perché la crisi che ha investito l’economia e la società può leggersi (in analogia con la ricostruzione del dopoguerra), come l’occasione irripetibile per il rilancio del senso civico, della dedizione all’interesse generale, della partecipazione attiva, come scatto culturale e morale di una mobilitazione collettiva».
D’altra parte i nostri Padri Costituenti avevano ben chiaro che la democrazia, se non vuole morire, deve nutrirsi di permanente partecipazione (come rivela l’art. 3 della nostra Costituzione).
Partecipazione, perciò, vuole dire comprendere che il particolarismo, l’interesse egoistico individuale distrugge il tessuto di una comunità o di una città (o di una nazione) e alla fine danneggia tutti.
Partecipazione vuol dire che noi vogliamo essere comunità, una comunità fraterna, dove “noi”, significa solidarietà e ricerca comune della soluzione dei problemi.
Partecipazione vuol dire superare le divisioni, le faziosità, la rabbiosità, le rigidità,
l’avviamento, gli interessi di parte; guardando ai problemi con l’occhio della comunità, in modo concreto, evitando sprechi, cercando le soluzioni migliori e meno costose, vedendo se è possibile un lavoro volontario, se è possibile una soluzione locale più economica.
Partecipazione significa voler bene, amare la propria città, come la propria Patria; vuol dire risvegliare il senso dello star insieme (cioè unire e sanare le inutili divisioni), il desiderio del bene comune, l’orgoglio di quanto di positivo sappiamo esprimere.
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